Elisa Gianmoena impiegata, 47 anni

Non entravo più nelle scarpe da ginnastica, era impossibile per me restare con gli scarponi da sci più di 5 minuti, perché si scaldava il piede, si gonfiava e iniziava a farmi male il nervo. Un chirurgo mi aveva detto che avrei dovuto recidere il nervo e Pietro, che opta sempre per la conservazione, mi disse che c’era un’alternativa. Allora mi sistemò lui che riuscì a salvarmi il nervo e a guarirmi. Da allora sono passati più di 25 anni e non ho più avuto problemi. Inoltre, ho una spondidolistesi e se non andassi con una certa regolarità da Pietro io non camminerei. Nel ‘93 fui operata a un ginocchio e il medico che mi operò mi disse che avrei rischiato la carrozzina. Pietro è un medico che ha una visione della medicina che è già nel futuro. Valuta le persone e non le patologie e il suo è un approccio globale e funzionale.

Da quanti anni è seguita dal dottor Picotti?

Pietro lo conoscevo per lo sci. Era forse il 1993, o il 1994 quando mi rivolsi a lui come paziente. Per prima cosa mi curò il morbo di Civinini-Morton. Non entravo più nelle scarpe da ginnastica, era impossibile per me restare con gli scarponi da sci più di 5 minuti, perché si scaldava il piede, si gonfiava e iniziava a farmi male il nervo. Un chirurgo mi aveva detto che avrei dovuto recidere il nervo e Pietro, che opta sempre per la conservazione, mi propose un piano terapeutico riabilitativo e personalizzato. Lui è differente! Mi sistemò e riuscì a salvarmi il nervo e a guarirmi. Da allora sono passati più di 25 anni e non ho più avuto problemi. Pietro è uno dei medici chirurghi meno interventisti sulla faccia della terra. Solo se è strettamente necessario opta per l’intervento chirurgico.

Ha disturbi legati alla sua attività sedentaria?

Ho una spondidolistesi e se non andassi con una certa regolarità da Pietro io non camminerei. Nel ‘93 fui operata a un ginocchio e il medico che mi operò mi disse che avrei rischiato la carrozzina se avessi avuto figli. Ma negli anni Pietro mi seguì, e sono riuscita a contenere il problema. Ora faccio tutto.

Possiamo dire che la conoscenza e il lavorare sulle cause che hanno portato alla malattia aiuta a trovare la giusta strategia per tornare a muoversi?

Sì, Pietro è uno che lavora soprattutto sulla ricerca della causa, nel mio caso c’erano anche delle ragioni famigliari e di me lui conosce vita, morte e miracoli.

Quanto è importante conoscere il paziente per intraprendere la via del ritorno al benessere?

Importantissimo. Pietro è quel medico che prende a cuore ogni paziente e per questo è necessario instaurare un buon rapporto. Anche se all’inizio può sembrare uno di quelli che rimane sulle sue, già dalla seconda volta ti senti a tuo agio. Pietro è un medico che ha una visione della medicina che è già nel futuro.

Come possiamo sintetizzare il suo approccio?

Passione, cultura, preparazione, voglia di andare oltre e amore per quello che fa. Lui ci mette quello che gli altri non ci mettono e c’è in più il fatto che tutto ciò che propone lo ha provato su se stesso,  non è solo il frutto di quel che ha letto sui libri. Quando gli parli di un dolore non finge di capirti,  lui ti capisce realmente. I numerosi infortuni ai quali è andato incontro gli hanno permesso di conoscere il dolore direttamente, e questo fa la differenza. Inoltre lui valuta le persone e non le patologie e il suo è un approccio globale e funzionale, non guarda solo se hai dei pezzi guasti o malandati.

Quanto è importante una vita in movimento? Quanto è importante capire quali siano i tipi di movimento giusti che mantengono lo stato di salute?

Molto importante, direi. Pietro è un promotore del movimento ma è altrettanto importante individuare il momento giusto per intervenire prima che una situazione critica si aggravi. Lui ti aiuta a capire qual è il movimento giusto per te.

Ho fatto con lui tutto il percorso quando mi sono rotta il legamento di un ginocchio 4 anni fa per una lesione completa del crociato, e anche in quel caso mi ha aiutata a evitare l’operazione. Dopo sei mesi ero di nuovo sugli sci con il suo supporto. Senza problemi, senza tutore e senza niente. Ma anche di fronte a casi come il mio, prima di intraprendere un percorso, Pietro è uno che valuta la persona che ha davanti. Io non ho più ambizioni agonistiche, ed è ovvio che a un atleta in piena carriera avrebbe suggerito un percorso diverso. Lui adatta la cura al tipo paziente.

C’è un aneddoto che riguarda il dottor Picotti?

Lui dice sempre di ascoltare il proprio corpo e la propria testa. Il nostro corpo ci parla e spesso ci dice anche quando è ora di fermarci. E anche se Pietro difficilmente suggerisce di fermare l’attività fisica, con me lo fece quando caddi in bicicletta e mi feci un buco in testa. E fu la prima volta in 25 anni che mi disse adesso fermati! E io pensai che se Pietro mi diceva di fermarmi, ero davvero messa male. Seguii i tempi da lui suggeriti e dopo tre settimane tornai in sella alla bicicletta. Un’altra volta, in seguito a un terribile incidente in autostrada, lo chiamai, e lui mi ricevette la sera stessa. Mi disse adesso tu non senti niente ma riparliamone tra qualche anno! E aveva ragione! Pietro è uno di quelli che non dice mai nulla a caso.

Una manipolazione posturale può avere una valenza dal punto di vista preventivo?

Se ti sottoponi a una manipolazione una volta nella vita potrebbe non fare la differenza, ma se il tuo è un lavoro sedentario come nel mio caso, e una volta l’anno ti sottoponi a questo trattamento, e poi ti ascolti, puoi davvero fare prevenzione, perché stare dieci ore al giorno davanti al pc prima o poi può portarti problemi alla cervicale, alla schiena o alla lombare. E anche se non ha la bacchetta magica, uno come Pietro ti raddrizza: basta solo avere la fortuna di incontrarlo!